Ganoune Diop – Nella libertà religiosa vi è più di quanto sembra. Sebbene credere nella libertà religiosa sia antico quanto la religione stessa, è solo negli ultimi 250 anni che gli Stati e la comunità internazionale hanno espresso più chiaramente il loro impegno a preservare questa fondamentale libertà umana. “L’esperienza americana”, scritta nelle garanzie costituzionali del 1789-1791, articolava con chiarezza una comprensione fondamentale di questa libertà, separando formalmente chiesa e Stato, e vietando ai legislatori di emanare “leggi concernenti la istituzione di una religione o la proibizione del suo libero esercizio”. Presto, altre costituzioni rispecchiarono concetti simili ma il consenso sulla libertà religiosa richiese più tempo per svilupparsi nella comunità internazionale.

Un'organizzazione catalizzatrice nello sviluppo di tale consenso internazionale è stata l'International Religious Liberty Association (Irla) che ha una storia affascinante, risalente al suo statuto nel 1893. Il contesto che spinse alla creazione di questa associazione fu una proposta di legge al Senato degli Stati Uniti, che avrebbe violato direttamente le garanzie costituzionali del Primo Emendamento.

Nel 1888, i dirigenti avventisti si opposero a due progetti di legge presentati al Senato degli Stati Uniti dal senatore Henry W. Blair del New Hampshire. Il primo prevedeva la promozione della domenica, intesa come giorno del Signore e giorno di riposo, la cui osservanza doveva essere imposta come obbligo nazionale. Il secondo proponeva un emendamento costituzionale che richiedeva l’insegnamento dei “principi della religione cristiana” nella scuola pubblica.

Uno dei pionieri avventisti del settimo giorno, Alonzo T. Jones, poi diventato anche direttore di Adventist Review, aveva persino detto al Congresso di fermare la legge domenicale e la proposta di fare dell'America una nazione cristiana. Era, come l'aveva chiaramente descritta, una questione di libertà religiosa.

Un anno dopo, nel 1889, gli avventisti del settimo giorno crearono un'associazione per promuovere la libertà religiosa. Si chiamava "The National Religious Liberty Association". Questo movimento fu ampliato nel 1893 quando l'associazione crebbe fino a diventare l’International Religious Liberty Association (Associazione internazionale per la libertà religiosa).

Divenne una scelta deliberata quella di coinvolgere attori politici e religiosi all'inizio dell'esistenza della Chiesa avventista. Qualcuno potrebbe dire che fosse una necessità se la denominazione voleva essere credibile e rilevante nello spazio pubblico. La promozione della libertà religiosa doveva giovare a tutti. Gli avventisti del settimo giorno concepiscono la libertà religiosa come un diritto umano universale che non può essere limitato a un gruppo escludendo gli altri.

Oggi, è ancora vitale la disciplina di coinvolgere la comunità internazionale, tra cui le istituzioni globali e nazionali, per promuovere la posizione fondamentale e cardine della libertà religiosa.

Cosa rende questa libertà così importante?

Crescente consenso internazionale dopo eventi tragici 
Eventi geopolitici globali hanno alterato la storia del nostro mondo in maniera significativa. Due guerre mondiali nel XX secolo hanno spinto la famiglia umana a rivalutare la propria bussola morale. L'enorme perdita di vite umane ha sfidato le tradizioni accumulate nei secoli: 16 milioni di morti nella Prima guerra mondiale e 60 milioni di morti nella seconda.

Domande cruciali che non potevano più essere ignorate divennero parte della visione morale della comunità internazionale. Qual è il valore della vita umana? Perché tante assurde uccisioni? Che misura ha la dignità umana? In che modo la vita potrebbe essere oggetto di privilegi o abusi a causa di una valutazione basata su costrutti gerarchici razziali, etnici, culturali, politici o persino religiosi?

Esistono principi – principi morali – che possono fungere da barometro o da punti di riferimento nelle relazioni umane, negli impegni degli Stati e nelle norme internazionali?

La Dichiarazione universale dei diritti umani, adottata dalle Nazioni Unite nel 1948, doveva svolgere un tale ruolo: una bussola per guidare ciò che conta davvero quando si tratta di proteggere la vita, le responsabilità e i diritti umani. Il diritto fondamentale, quello che di fatto è alla base di tutti i diritti, è la libertà di religione o di credo. L'articolo 18 della Dichiarazione afferma:

“Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare di religione o di credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, e sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell'insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell'osservanza dei riti”.

Ciò che segue è un tentativo di esplorare le molteplici dimensioni della libertà di religione o di credo, a livello personale, interpersonale, sociale, nazionale e internazionale.

Riconoscimento internazionale e formulazione della libertà religiosa 
La libertà di religione o di credo è esplicitamente riconosciuta nel diritto internazionale tramite la Carta delle Nazioni Unite, il Patto internazionale sui diritti civili e politici, gli accordi di Helsinki, la Dichiarazione sull'eliminazione di ogni forma di intolleranza e discriminazione basata sulla religione o sul credo, la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, la Commissione africana per i diritti umani e delle persone, e nelle politiche di lavoro di molte altre istituzioni.

Le due dichiarazioni più famose sulla libertà religiosa si trovano nell'articolo 18 della Dichiarazione universale dei diritti umani e nell'articolo 18 del Patto internazionale sui diritti civili e politici.

Fondamentalmente, la libertà religiosa, o libertà di religione o di credo, secondo la nomenclatura giuridica internazionale, è uno strumento indispensabile e incontrovertibile per sviluppare la consapevolezza nel delineare i parametri sul significato di essere umano e mostrare umanità. Pur considerando la libertà di religione o di credo da prospettive giuridiche, politiche, sociali e culturali, la nostra tesi fondamentale, non trattabile e non negoziabile, è che la libertà religiosa parla non solo dell'umanità di ogni persona ma anche della sacralità degli esseri umani. Questo presupposto è il pilastro fondante della libertà religiosa in una prospettiva basata sulla fede. È questa la radice spirituale della libertà religiosa.

La coscienza è la caratteristica dell'esperienza umana che determina il luogo del valore infinito di ogni persona. Il bisogno di libertà e di autodeterminazione di ogni essere umano capace di matura razionalità è radicato nella coscienza.

Definire i termini 
La libertà religiosa è prima di tutto una libertà. Fa parte di un insieme di libertà interconnesse, interdipendenti e indivisibili. È anche una libertà composita, inseparabile e centrale a tutte le altre libertà fondamentali.

“La logica sta nel fatto che la libertà religiosa è una libertà composita, cioè vi sono altre libertà legate ad essa. Consentire la libertà di religione implica consentire la libertà di parola, la libertà di riunione e la libertà di coscienza. Se un regime accetta la libertà religiosa, si sviluppa naturalmente un effetto moltiplicatore che spinge il regime verso ulteriori riforme. In quanto tale, la libertà religiosa limita il governo (è una ‘libertà’ dopo tutto) proteggendo la società dallo Stato. Il pluralismo sociale può svilupparsi perché le minoranze religiose sono protette” – Hitchen, citato da Carter 2017.

La libertà religiosa è il diritto di professare, praticare e propagare le proprie convinzioni senza coercizione, intimidazione o manipolazione. La libertà di religione o di credo include il diritto di indossare simboli e di esporli nello spazio pubblico. Costituisce altresì il diritto di possedere o avere beni dedicati a questioni religiose o filosofiche.

Di conseguenza, la libertà di religione o di credo è il diritto di costruire istituzioni come espressione delle proprie convinzioni profondamente radicate. Essa include il diritto di costruire spazi sacri progettati per promuovere le proprie convinzioni, la propria visione del mondo e i propri valori. È il diritto di compiere riti e rituali secondo le proprie convinzioni. E anche di celebrare e/o riservare tempi sacri per esprimere l'esclusiva fedeltà a Dio: per esempio, un giorno in cui tutto è sottoposto alla sovranità di Dio, il proprio tempo, le proprie riflessioni, le proprie attività o il riposo, come nell'ebraismo o nella tradizione avventista del settimo giorno.

Questa libertà è: 
1. Un principio politico. In modo più elementare, la libertà di pensiero, coscienza, religione o credo è un principio politico che si trova alla base di altri principi politici, come il consenso dei votanti, il governo limitato, lo stato di diritto, la democrazia e governo rappresentativo. 
2. Una disposizione giuridica nel diritto internazionale, sancita dalla Dichiarazione universale dei diritti umani, dall'Unione europea, dalle agenzie dell'Unione africana, dall'Organizzazione degli Stati americani (Oas), dall'Associazione delle nazioni del sud-est asiatico (Asean), da altre istituzioni internazionali e dalle costituzioni nazionali.
3. Una libertà composita. Presuppone libertà di pensiero, coscienza, credo, convinzione, espressione, riunione e associazione. 
4. Un diritto umano. Gli aspetti giusti sono spesso enfatizzati, ma c'è di più. L'aspetto umano non va trascurato per ragioni antropologiche, teologiche, filosofiche ed esistenziali. 
5. Un segno della nostra umanità, non solo in quanto esseri razionali, ma anche per il nostro senso di responsabilità morali ed etiche. Inoltre, la posizione centrale della libertà religiosa, fondata sulla libertà di coscienza, le consente di offrire una base normativa a ciò che significa essere un essere umano. Essa ha dimensioni sia individuali sia collettive, come la pacifica convivenza e cooperazione. 
6. Un simbolo della nostra interconnessione, per ciò che abbiamo in comune, non solo la consapevolezza, ma anche la coscienza umana. 
7. Un sigillo di sacralità. Nelle religioni monoteiste, gli esseri umani sono sacri, templi del divino, creati a immagine di Dio; o rappresentanti del divino; o connessi al divino, come nelle religioni asiatiche. 
8. Un appello alla solidarietà, alla tolleranza e al rispetto, fondato sulla sacralità di ogni essere umano. 
9. Un imperativo morale. La libertà di coscienza, religione o credo è un deterrente contro l'autoritarismo e il totalitarismo. È contro la violazione della dignità umana, contro la riduzione degli esseri umani a oggetti che si possono dominare, controllare o asservire. 
10. Espressione del valore incommensurabile di ogni essere umano. La libertà di religione o di credo è un segno che indica la necessità di proteggere gli esseri umani dall'essere strumentalizzati, usati, maltrattati e disumanizzati. Gli esseri umani hanno un valore infinito.

Ampliare la portata 
La libertà di religione o di credo è quindi un segno della nostra umanità e un simbolo dell'interdipendenza della famiglia umana. È intrinsecamente un appello alla solidarietà umana. Questa libertà, fondata sull'inviolabilità della coscienza, è anche un antidoto contro la violazione della dignità umana e contro ogni tipo di abuso e dominio.

In quanto tale, mira a promuovere la tolleranza nella dignità della differenza senza la necessità di uniformità di credo. Promuovere la libertà religiosa significa offrire alle persone il fondamento del rispetto di ogni essere umano. La libertà religiosa dovrebbe favorire la responsabilità basata sull'imperativo della solidarietà umana. Ci pone in una posizione tale da vedere gli altri con benevolenza, da accettare il loro valore infinito, misterioso, non quantificabile e incommensurabile.

Cosa ci insegna la fede 
Da una prospettiva religiosa, la libertà di religione o di credo è intesa principalmente come un attributo divino. Solo un essere totalmente autonomo e da nulla dipendente al di fuori di sé può rivendicare la libertà assoluta. Tuttavia, l’idea della creazione a immagine di Dio, contenuta nel linguaggio del Libro della Genesi, lascia spazio al riflesso di attributi divini comunicabili come la libertà.

Dal punto di vista della fede, la libertà religiosa è meglio intesa come parte dell'immagine di Dio. È profondamente connessa alla questione del libero arbitrio. L’importanza del libero arbitrio e della libertà di scelta è motivata dal fatto che non può esserci un vero patto senza la libertà di scegliere di entrare in una relazione. L'amore non può essere forzato. Dio ci offre una scelta. Non siamo stati creati come robot, macchine programmate che faranno automaticamente le cose previste in determinate circostanze.

Nel mondo odierno si è sempre più consapevoli della necessità di uno spazio in cui si possa raggiungere un consenso sull'importanza di tutti gli esseri umani. Cresce la consapevolezza della preziosità della vita umana, del suo mistero, dell'incontestabile considerazione della dignità di ogni persona. Questa consapevolezza è, ovviamente, contestata con forza dalle ideologie suprematiste, ma fa ancora parte dell’etica mondiale.

Tuttavia, “esiste il bisogno urgente di una maggiore chiarezza concettuale riguardo alla libertà di religione o di credo, non solo per difendere questo diritto da attacchi ostili dall'esterno, ma anche per rafforzare il consenso sul significato della libertà di religione o di credo all'interno della stessa comunità dei diritti umani” – Heiner Bielefeldt in Human Rights Quarterly (February 2013), p, 35.

Questo bisogno di consenso è ovviamente reale e rilevante per le comunità religiose così come per la società civile. L'importanza unica della coscienza umana, lo spazio sacro interiore che caratterizza ogni persona, vincolando la nostra stessa esistenza e le relazioni con gli altri su principi e valori etici e morali, necessita chiaramente di una maggiore e più pubblica affermazione. Senza tale affermazione e protezione, le persone diventano vulnerabili e possono essere strumentalizzate e ridotte a oggetti usati e maltrattati.

La libertà religiosa o di credo funge da segno e da costante richiamo alla necessità di relazionarsi con ogni persona con rispetto e cortese circospezione dinanzi al mistero di ciascuna persona. Quel misterioso mondo interiore è ricco di bellezze e tesori nascosti, ma mostra anche traumi e ferite che rendono la vita difficile a molti.

Ogni storia umana è complessa. Nessuno dovrebbe ergersi a pubblico ministero, giuria e giudice di un “tribunale” al di sopra della legge, e pronunciare sentenze contro gli altri perché sono diversi o perché non rientrano nel nostro sistema di riferimenti e preferenze. Accettare il diritto degli altri a esistere nella dignità della differenza richiede che ciascuno si fermi e rinunci a quella autoproclamata indecenza di giudicare gli altri senza conoscerne le storie. È necessario ascoltare gli altri alle loro condizioni.

La libertà religiosa, se creduta e vissuta, porta a una disposizione benevola verso ogni persona che si incontra. Diventa parte integrante di uno stile di vita caratterizzato da un atteggiamento umile di fronte al mistero dell'altro. Ogni essere umano che si incontra è in una inspiegabile e unica connessione con il Creatore. Questa relazione è sacra e intima. Può essere a vari stadi di realizzazione, ma è comunque irriducibile a qualsiasi categorizzazione. Pertanto, non dovrebbe mai essere profanata da intrusioni dirompenti da parte di nessuno. Questo spazio sacro unico che è la coscienza è insostituibile e irriproducibile. Non dovrebbe essere violato. Giudicare, criticare, mettere le persone in scatole, catalogarle e mancare di rispetto alla santità delle loro vite è un abuso inaccettabile, indipendentemente dal fatto che questi atti avvengano in contesti globali, nazionali, comunitari o personali. Tutti gli esseri umani sono dotati di sacralità: bambini, giovani, adulti e anziani di tutte le razze, etnie e religioni.

E se accettassimo la libertà religiosa? 
La libertà religiosa, o libertà di religione o di credo, è difficile da accettare a causa delle implicazioni che essa richiede sul modo in cui viviamo e ci relazioniamo con gli altri. Ma se questa libertà fosse accolta, non ci sarebbero genocidi, né conquiste, né sottomissione di persone, né dominio e controllo sugli altri, né traffico di esseri umani e nessuna schiavitù, moderna o antica. Non ci sarebbero annessioni territoriali che privano popolazioni e individui del loro spazio vitale e delle loro risorse.

Le nazioni non userebbero le leggi contro la blasfemia e le leggi contro le conversioni per rimproverare, reprimere, perseguitare, imprigionare e uccidere le voci dissenzienti. La dignità della differenza è celebrata quando nessuno viene ferito, umiliato e ostracizzato perché crede in modo diverso.

D'altra parte, il diritto alla diversità non sarà usato per costringere le società a legittimare scelte personali non conformi alle convinzioni altrui. La libertà di credo non deve mai essere usata per imporre una religione agli altri.

Nella sfera della fede, le religioni del mondo dovrebbero usare il potere della testimonianza e della persuasione pacifica per condividere le proprie convinzioni. Non ci dovrebbero essere coercizioni, conversioni forzate o intimidazioni a non convertirsi. I cristiani dovrebbero elevare Cristo, invece di conversioni forzate e dominio militare per soggiogare le popolazioni indigene. La missione, a differenza di una parte della sua dolorosa storia, dovrebbe essere solo un mandato a testimoniare il Principe della Pace e il suo appello alla riconciliazione con Dio e con gli altri.

Approfondimento dalla Bibbia 
Una dimensione incontrovertibile della libertà religiosa è rivelata nella Lettera ai Galati, capitolo 5. L'apostolo Paolo sostiene che l'intera fede cristiana si basa sull'idea di libertà. Scrive: “Cristo ci ha liberati perché fossimo liberi; state dunque saldi e non vi lasciate porre di nuovo sotto il giogo della schiavitù” (v. 1).

E ripete questa premessa: “Poiché siete stati chiamati alla libertà, fratelli; solo non fate della vostra libertà un'opportunità per la carne, ma servitevi gli uni gli altri mediante l'amore. Perché tutta la Legge si compie in una parola, nell'affermazione: ‘Amerai il tuo prossimo come te stesso’” (vv. 13, 14).

E poi, l'apostolo Paolo culmina la sua argomentazione con la descrizione del “frutto dello Spirito”. L'obiettivo finale della libertà, della libertà religiosa e anche di qualunque altra libertà, è l'amore. In modo più specifico ed esaustivo, la finalità della libertà è il frutto dello Spirito Santo: “amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mansuetudine, autocontrollo” (v. 22).

Se crediamo a queste cose; se questo albero cresce; se questo frutto appare, allora vediamo chiaramente che abbiamo responsabilità individuali, interpersonali, sociali, politiche, economiche e spirituali da adempiere con l’azione. La fede non ci richiede niente di meno.

Persone di molte fedi e tradizioni filosofiche diverse possono radunarsi per promuovere questa libertà fondamentale e incontrovertibile, per la pacifica convivenza, per la guarigione delle relazioni umane e per la salute della società attraverso la dignità della differenza.

(Ganoune Diop è direttore del Dipartimento Affari Pubblici e Libertà Religiosa presso la Chiesa avventista mondiale e presidente dell’Irla)

[Fonte: Adventist Review. Traduzione. L. Ferrara] 

 

 

 

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